Che conoscenza hanno gli utenti degli strumenti del web? E come cambia la percezione del rischio in rapporto al grado di conoscenza?
Questo ha inteso indagare MagNews Diennea nell'ambito di una ricerca condotta con Human HighWay su un campione online di
1018 italiani fra i 18 e i 64 anni. Titolo dell'analisi
presentata oggi a Milano nell'ambito dello Iab Forum è
"Privacy&Permission Marketing Online Report 2011".
Il campione analizzato sembra possedere un
discreto livello di conoscenza riguardo alle possibilità di profilazione offerte dalla rete come cookie, indirizzi IP o Google Dashboard. Il 63,3% delle persone, per esempio, è perfettamente consapevole del fatto che il Web può essere in grado di
rintracciare il link su cui si ha cliccato per arrivare su un determinato sito, il 62% sa che la Rete può
sapere il paese in cui ci si trova o ancora il 59,7% sa che può essere riconosciuto il
modello di browser utilizzato.
Tuttavia, in generale, gli utenti sembrano dividersi in tre principali gruppi: quelli
"evoluti", pari al 22%; quelli con
una conoscenza media, nel 42% dei casi; e quelli con una
scarsa conoscenza,
pari al 37%.
I più evoluti sono in misura maggiore
uomini dai
35 ai 44 anni. Dopo i 45 anni la loro concentrazione diminuisce e aumenta quella di utenti medi (tra i 45 e i 54 anni) e utenti base (over 54). Gli evoluti
risultano più preoccupati per la propria privacy, rispetto ai meno esperti, su aspetti come geolocalizzazione, uso del cellulare, ricerche e navigazione sul Web. Sono consci del rischio tracciamento e pertanto
cercano di tutelarsi maggiormente tramite anche piccoli accorgimenti. Allo stesso tempo, però, sono consapevoli del fatto che
questi rischi esistono anche nel mondo fisico e
che non sono disposti a rinunciare ai benefici che la Rete fornisce.
"Dopotutto, la cessione di informazioni riguardanti la persona e le finalità del loro trattamento sono e devono essere una scelta individuale consapevole – conclude Maurizio Fionda, Amministratore Delegato di Diennea MagNews.-Internet ha dato ancora più potere di scambio al consumatore. Se questi non ne è consapevole può finire per essere oggetto di una sorta di prevaricazione a cui le imprese sono naturalmente portate. Ma se diventa consapevole ecco che entra in possesso di una formidabile moneta di scambio con la quale ottenere molto più di ciò che concede. Tutte le informazioni hanno un valore economico e non a caso da qualche anno si inizia a parlare proprio di economia delle informazioni personali o economia della privacy. In questo si esplica l'incredibile forza della digitalizzazione. Le aziende devono essere disposte alla negoziazione e al compromesso perchà© l'online è uno spazio di tutti, una sorta di agorà in cui tutti hanno la parola e l'unico modo per ascoltarla è essere disposti a interagire non più in modo unidirezionale, come abituati da sempre, ma in logica bidirezionale. àˆ una responsabilità imposta dalla digitalizzazione che non tutte le aziende stanno cogliendo. Solo quelle che sanno ascoltare, che hanno algoritmi efficienti e in grado di personalizzare le risposte e i servizi che i loro clienti chiedono vincono la competizione."
Posizione che si riflette anche su tutto il campione degli intervistati: il 42% sostiene che la privacy sia ormai difficilmente difendibile, sul web come nella vita reale. E non è un problema di informazione dovuto all'ignoranza di strumenti come i cookie o altro. Se anche lo sapessero – sostiene il 33% - continuerebbero a comportarsi nello stesso modo.Per il 39% le informazioni lasciate sul web e utilizzate a fini di marketing rappresentano la normale evoluzione della pubblicità mentre il 25% sostiene sia comodo avere contenuti e comunicazioni pubblicitarie su misura.
Il 28%, infine, passa avanti e guarda oltre. Non ha nulla da nascondere e quindi nulla di che avere paura.
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