Dal primo gennaio 2019 tutti gli utenti di servizi Internet possono scegliere la strada del cosiddetto
modem libero, ossia possono
usare qualsiasi modem al posto di quello che il loro provider ha praticamente imposto all'atto della stipula del contratto. L'opzione in realtà era già attiva dallo scorso dicembre, solo però per i nuovi abbonati e non per quelli che avevano già una linea Internet in casa o in ufficio.
Sembra una cosa molto semplice e sensata, e infatti lo è. Sinora molti provider hanno messo in casa dei loro utenti modem di qualità spesso discutibile,
aggiornandoli molto raramente e comunque non alla velocità con cui evolvono le tecnologie e le esigenze dei clienti. Chi vuole in casa un modem/router di fascia alta o con caratteristiche particolari, non ha altra scelta che collegarlo in cascata a quello fornito dal provider. Per chi quest'ultimo non lo paga è una scomodità, per gli altri è anche una politica commerciale
quantomeno discutibile.
D'altronde la delibera di
Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) che ha introdotto l'opzione del modem libero
è stata abbastanza chiara: il quadro normativo di riferimento italiano e comunitario, le considerazioni di "net neutrality" e il banale buon senso permettono agli utenti di collegare a una connessione Internet i dispositivi (terminali, tecnicamente)
che meglio credono. E gli operatori non possono cambiare il tipo, il costo e il livello dei servizi offerti in funzione di questa scelta.
La novità introdotta dalla delibera è che
tra i terminali va considerato anche il modem/router di accesso a Internet, che in precedenza era sempre stato considerato come un dispositivo del provider e quindi di suo completo controllo. Secondo Agcom, invece, "i fornitori di servizi di accesso ad Internet devono consentire che il cliente possa scegliere le apparecchiature terminali, compresi i modem/router (...) e
non possono imporre la loro fornitura in modalità esclusiva". Da qui, semplificando, il concetto di modem libero.
Tutto a posto quindi? C'è davvero libertà totale di scelta? In effetti no, per una serie di ragioni che in parte sono comprensibili e in parte molto meno. E comunque la "libertà di modem" che ci siamo guadagnati
va esercitata con una certa attenzione. Vediamo perché.
Modem libero sì, ma non qualsiasi
Il problema principale - e concreto - che poteva nascere da una nuova norma troppo "liberale" è che gli utenti collegassero alle reti degli Internet provider davvero di tutto. Per questo è vero che gli operatori non possono rifiutare di collegare alla propria rete un modem se questo "soddisfa i requisiti di base previsti dalla normativa europea e nazionale", ma è anche vero che possono - e anzi devono -
indicare i requisiti tecnici che il modem stesso deve soddisfare. Alcuni provider sono più restrittivi, altri meno.
Secondo punto importante:
questa libertà paradossalmente non esiste per gli utenti più evoluti, cioè quelli che hanno scelto una connessione in fibra (tecnicamente un collegamento FTTH, Fiber To The Home). Una connessione in fibra ottica non termina in un modem ma in un cosiddetto
ONT (Optical Network Terminal), in sintesi uno scatolotto che da un lato riceve il link in fibra dal provider e dall'altro offre almeno una porta Ethernet a cui collegare un router classico o qualche altro dispositivo di rete.
Un ONT quindi converte i segnali ottici della fibra in quelli elettrici di Ethernet, e viceversa. Nella stragrande maggioranza dei casi è fornito dal provider ed
è configurato per operare sulla sua rete, perché ne fa parte. Si possono acquistare ONT generici di terze parti, anche se non sono certo prodotti che si trovano sugli scaffali dei megastore di elettronica, ma senza una configurazione specifica non funzioneranno. Attualmente le norme del modem libero
non prevedono lo sblocco degli ONT, quindi per chi ha la fibra in casa non è cambiato nulla.
Il modem libero va gestito
Un elemento da considerare nel passaggio alla "libertà di modem" è che ci porta in uno scenario nuovo: tutto ciò che è a valle della connessione Internet del nostro provider
lo dobbiamo gestire noi. Come spiega Agcom, "se l’utente rinuncia al modem messogli a disposizione, gli operatori (fornitori di accesso a Internet)
non rispondono per servizi di manutenzione e disservizi che riguardino esclusivamente il funzionamento dell’apparecchiatura terminale scelta autonomamente dall’utente finale".
Tradotto in pratica: se a un certo punto qualcosa non funziona nel nostro collegamento Internet, è praticamente certo che
ci troveremo da soli a risolvere il problema. Il supporto tecnico del nostro provider non ha il dovere di assisterci ma solo, al limite, di verificare che da parte sua non ci siano problemi, ossia che il collegamento in sé sia attivo. Se siamo utenti un po' smaliziati non è un ostacolo, ma per molti rischia di esserlo.
Attenzione poi alle
clausole che i provider hanno già associato al modem libero. Innanzitutto un provider non ha l'obbligo di garantire che un modem compatibile oggi con la sua rete lo sia anche in futuro. Per qualsiasi motivo - idealmente perché la sua infrastruttura di rete è migliorata, ma non solo per questo -
può cambiare i suoi requisiti tecnici e noi, di conseguenza, ci possiamo trovare con un modem da aggiornare o, peggio, da sostituire.
Bisogna quindi mantenersi aggiornati sulle evoluzioni del nostro provider e soprattutto
non acquistare prodotti di dubbia efficacia. Diversi provider già avvisano che "il cliente si assumerà le responsabilità relative agli obblighi di conformità dell'apparato nonché ai disservizi o degradi che dovessero essere causati alla rete" (è l'espressione usata
da Fastweb, ma è solo un esempio). Difficile che succeda qualcosa di veramente serio, ma utente avvisato...