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Kaspersky Lab una persona su due nasconde al proprio capo l’attività sui social

Secondo il Global Privacy Report di Kaspersky Lab, un utente su due (il 59% a livello globale e il 57,5% in Italia) decide di nascondere la propria attività sui social media ai propri capi.

Autore: Redazione BitCity

Pubblicato il: 06/05/2019

Dato che il 90% dei lavoratori (in Italia oltre il 97%) si collega a internet più volte al giorno, è difficile mantenere separate vita privata e professionale nel corso di una giornata lavorativa (e oltre). Il Global Privacy Report rilasciato di recente da Kaspersky Lab rivela che un utente su due (il 59% a livello globale e il 57,5% in Italia) decide di nascondere la propria attività sui social media ai propri capi. Questo atteggiamento di riservatezza sul lavoro si estende anche ai colleghi: il 52% delle persone in generale, e addirittura il 61% degli intervistati in Italia, preferisce non rivelare le proprie attività online nemmeno a loro. 
Nel corso della propria vita, un dipendente trascorre in media un periodo di 13 anni e 2 mesi al lavoro. Non tutto questo tempo però è utilizzato per mansioni prettamente lavorative o per ottenere una promozione: quasi due persone su tre (64%) ammette, infatti, di visitare ogni giorno dalla propria scrivania siti web non legati al lavoro. Non sorprende quindi che quasi un terzo dei lavoratori coinvolti dalla ricerca di Kaspersky Lab sulla privacy digitale (29%) non voglia che il proprio datore di lavoro sia a conoscenza dei siti web che visita. Se si considera il campione italiano coinvolto nel sondaggio, questo dato sale al 37%. Cosa ancora più interessante, una persona su due (52%) non vuole che nemmeno i propri colleghi conoscano le sue attività online.
Gli italiani sono ancora più attenti verso chi lavora con loro: la percentuale arriva al 61%. In generale, questo significa che far sapere ai colleghi che si è perso del tempo nel corso del proprio orario lavorativo viene percepito come una minaccia addirittura maggiore per le proprie prospettive future, o forse che le relazioni con i colleghi, essendo più informali, sono a volte ben più preziose. 
Al contrario, per molti, l'attività sui social media sembra essere riferita ad una sfera meno privata e quindi più adatta alla condivisione con i colleghi, ma non con il proprio capo. Ciò avviene probabilmente perché i lavoratori temono di ledere l'immagine pubblica dell'azienda, o che quest'ultima, in caso di rilevamento della produttività dello staff, possa monitorare i social network dei dipendenti e utilizzare i dati trovati al loro interno per valutare eventuali avanzamenti di carriera. Politiche di questo tipo hanno indotto una persona su due (il 59% a livello globale, il 57,5% per il campione italiano) a non voler rivelare la propria attività sui social media al proprio capo e addirittura il 54% a non condividere le proprie informazioni con i colleghi; per gli italiani il dato è molto simile (55%). 
Un ulteriore 34% non vuole mostrare il contenuto dei propri messaggi e email al proprio datore di lavoro. Il lavoratore italiano medio è ancora più attento a questo aspetto: il dato raggiunge il 43%! Inoltre, il 5% del campione consultato a livello globale (3,4% per quello italiano) ha affermato che la propria carriera è stata irrevocabilmente danneggiata dopo che le sue informazioni personali sono trapelate. Per questo motivo le persone si preoccupano di costruire una reputazione interna all'azienda che sia positiva e di non danneggiare le relazioni esistenti nel luogo di lavoro. 
"Dato che al giorno d'oggi essere online è una parte fondamentale della nostra vita, è difficile fissare un limite tra vita digitale al lavoro e a casa. Ciò non è né un bene, né un male. Bisogna semplicemente ricordare che, in quanto lavoratori, si deve stare sempre più attenti a ciò che si pubblica sui canali social e a quali siti web si usano al lavoro. Un'azione sbagliata su Internet può avere un impatto irreversibile e a lungo termine anche su un eventuale avanzamento di carriera", ha commentato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab.

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