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Maturità  2011, ecco il testo della versione di latino con traduzione

Sono già  trapelate alcune indiscrezioni sulle tracce della seconda prova dell'esame di Stato. Già  noto il testo della versione di latino di Seneca.

Autore: Redazione IT Tech & Social

Pubblicato il: 23/06/2011

La seconda prova d'esame è appena cominciata e già  sono trapelate informazioni circa le tracce che gli studenti si troveranno ad affrontare.
Il secondo giorno è, per i maturandi, forse quello più temuto anche perchà© se nel corso della prima prova proprio non c'è neanche un tema che possa andare a genio, si può sempre ripiegare sulla traccia di attualità , come è successo ieri, dove uno studente su tre ha scelto di svolgere il tema sulla fama effimera de talent e reality show che stanno impazzando negli ultimi anni su tutti i canali della televisione.
Per quanto riguarda i compiti della seconda prova al liceo classico è toccato Seneca con brano "Il vero bene è la virtù", per i geometri le indiscrezioni ancora da confermare parlano di un muro di stegno e di una terrazza, mentre per pedagogia la traccia avrebbe a che fare con "il concetto di classe come struttura scolastica".
Al liceo scientifico, infine, sono usciti due studi di funzione.

Ecco il brano di Seneca:
Quicumque beatus esse constituet, unum esse bonum putet quod honestum est; nam si ullum aliud existimat, primum male de providentia iudicat, quia multa incommoda iustis viris accidunt, et quia quidquid nobis dedit breve est et exiguum si compares mundi totius aevo. Ex hac deploratione nascitur ut ingrati divinorum interpretes simus: querimur quod non semper, quod et pauca nobis et incerta et abitura contingant. Inde est quod nec vivere nec mori volumus: vitae nos odium tenet, timor mortis. Natat omne consilium nec implere nos ulla felicitas potest. Causa autem est quod non pervenimus ad illud bonum immensum et insuperabile ubi necesse est resistat voluntas nostra quia ultra summum non est locus. Quaeris quare virtus nullo egeat? Praesentibus gaudet, non concupiscit absentia; nihil non illi magnum est quod satis. Ab hoc discede iudicio: non pietas constabit, non fides, multa enim utramque praestare cupienti patienda sunt ex iis quae mala vocantur, multa impendenda ex iis quibus indulgemus tamquam bonis. Perit fortitudo, quae periculum facere debet sui; perit magnanimitas, quae non potest eminere nisi omnia velut minuta contempsit quae pro maximis vulgus optat; perit gratia et relatio gratiae si timemus laborem, si quicquam pretiosius fide novimus, si non optima spectamus. 

TRADUZIONE

Se uno vuole essere felice, si convinca che l'unico bene è la virtù; se pensa che ce ne sia qualche altro, prima di tutto giudica male la provvidenza, perchà© agli uomini onesti capitano molte disgrazie e perchà© tutti i beni che essa ci ha concesso sono insignificanti e di breve durata, se paragonati all'età  dell'universo. Conseguenza di questi lamenti è che non manifestiamo gratitudine per i benefici divini: deploriamo che non ci capitino sempre, che siano scarsi, incerti e caduchi. Ne deriva che non vogliamo nà© morire: odiamo la vita, temiamo la morte. Ogni nostro disegno è incerto e non siamo mai pienamente felici: Il motivo è che non siamo arrivati a quel bene immenso e insuperabile dove la nostra volontà  necessariamente si arresta: oltre la vetta non c'è niente. Chiedi perchà© la virtù non provi nessun bisogno? Gode delle cose che ha, non desidera le cose che gli mancano; per essa è grande quanto le basta. Abbandona questo criterio e verranno a cadere il sentimento religioso, la lealtà : infatti chi vuole mantenere l'uno e l'altra deve sopportare molti dei cosiddetti mali, rinunciare a molte cose di cui si compiace come se fossero beni. Scompare la forza d'animo, che deve mettere se stessa alla prova; scompare la magnanimità , che non può emergere se non disprezza come cose di poco conto tutti quei beni che la massa desidera e tiene nella massima considerazione; scompaiono la gratitudine e i rapporti di gratitudine, se temiamo la fatica, se pensiamo che ci sia qualcosa di più prezioso della lealtà , se non miriamo al meglio.



 



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