Il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti ha annunciato che utilizzerà
il supercomputer Summit di IBM, in forza all’Oak Ridge National Lab del Tennessee, per lottare contro l'epidemia di
COVID-19.
La sua potenza computazionale,
pari a 200 petaflop di picco - equivalenti a 200 milioni di miliardi di calcoli al secondo - è proprio ciò che occorre ai ricercatori per districarsi tra miliardi di dati. La selezione dei composti che, in laboratorio, vengono messi a contatto con il virus per capirne la reazione resta un processo lento senza l’ausilio dei computer in grado di restringere il numero di potenziali variabili.
Persino in questo caso le sfide non cessano perché ogni variabile può essere composta da milioni, se non miliardi, di dati unici e aggravata dalla necessità di condurre simulazioni multiple.
I risultati appaiono più che incoraggianti: con Summit,
i ricercatori sono già stati in grado di simulare 8mila composti nel giro di pochi giorni per modellare ciò che potrebbe influire sul processo di infezione e ne hanno identificati
77 con il potenziale di compromettere la capacità del COVID-19 di attaccare e infettare le cellule ospiti.
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