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Kaspersky: 66% italiani non prende sul serio la criminalità informatica, anche dopo essere stati hackerati

Il 60% ammette di inserire informazioni personali come il proprio nome e la propria posizione sui propri social media, fornendo gratuitamente dati preziosi ai criminali.

Autore: Redazione BitCity

Pubblicato il: 15/05/2023

Una ricerca Kaspersky sull’atteggiamento dei consumatori nei confronti della cybersecurity ha rilevato che il 66% degli italiani tra 25 e 54 anni ritiene di essere informata sulla sicurezza online. Nonostante due utenti su tre sappiano cos’è il phishing, il 23% ne è vittima e di questi solo il 35% ha preso provvedimenti, confermando la tendenza a non prendere abbastanza sul serio la minaccia della criminalità informatica, nonostante la consapevolezza dei possibili pericoli e di ciò che potrebbe accadere. La maggior parte degli utenti che cerca di proteggersi dagli attacchi di phishing blocca il numero telefonico o l’email dannosa (64,8%), si informa online sulla fonte dello scam (48,4%) o ad esempio, lo segnala al brand che l’attacco cerca di imitare (34,3%).

È chiaro che, nonostante conoscano i rischi del crimine informatico, molti adulti continuano a rischiare a causa di un approccio non corretto alla sicurezza online. La condivisone di informazioni personali online e non verificare le condizioni di privacy sono solo due esempi di come gli utenti si rendano vulnerabili agli attacchi informatici”, ha commentato David Emm, Principal Security Researcher di Kaspersky.Fin da piccoli ci viene insegnato che le nostre azioni hanno delle conseguenze, e questo vale anche per la sicurezza informatica. Se si spera semplicemente che le conseguenze svaniscano o che non si verifichino, è solo questione di tempo prima di subire una violazione. A mio avviso, è indispensabile un maggior impegno per spiegare le reali conseguenze di essere vittime di una frode”.

Secondo la ricerca, pur conoscendo i rischi, la maggioranza degli italiani è disposta a condividere informazioni personali online. Il 60% ammette, infatti, di inserire informazioni personali come il proprio nome e la propria posizione sui social media. È allarmante che oltre la metà degli intervistati non controlli le proprie impostazioni sulla privacy (55,5%) e risponda a quiz sui social media. Infine, quasi il 50% utilizza ancora informazioni personali, come la squadra di calcio preferita o il nome del primo animale domestico, per ricordare le proprie password.

“La criminalità informatica sta diventando sempre più sofisticata e non possiamo permetterci di essere così poco attenti quando si tratta di agire. È necessario che un numero maggiore di utenti prenda sul serio la criminalità informatica, altrimenti saranno loro stessi e la prossima generazione a pagarne il prezzo”, ha concluso David Emm.



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