La
lotta contro il coronavirus passa certamente per la ricerca scientifica. Che deve comprendere in dettaglio i meccanismi con cui il virus SARS-CoV-2 infetta gli organismi ospiti. E capire anche quali sostanze possono inibire o rallentare il processo di infezione. Questa dipende anche dal
comportamento di alcune proteine che il virus stesso usa. Per sopprimere la risposta immunitaria dell'organismo e per riprodursi.
Si può comprendere e rallentare il coronavirus comprendendo la struttura e il comportamento delle sue proteine. Un compito che
si svolge in laboratorio ma anche con simulazioni virtuali. Simulazioni computerizzate che richiedono
notevoli risorse di calcolo.
Per questo la Stanford University ha lanciato, quasi vent'anni fa, il progetto
Folding@home. Invece di affidare le simulazioni sul comportamento delle proteine a grandi supercomputer, i loro calcoli vengono
distribuiti tra un gran numero di personal computer. Tutti quelli di coloro che decidono di scaricare una
piccola applicazione ad hoc. E di installarla sul proprio PC o Mac. Per fare da vero e proprio "citizen scientist" volontario.
L'applicazione scarica una piccola parte di una simulazione del comportamento di una proteina. Esegue i calcoli necessari e, una volta completati, li re-invia ai server di Folding@home. Tutti i "pezzi" di una simulazione
vengono combinati per generare una simulazione completa.
Da qualche giorno Folding@Home
si occupa anche della ricerca sul coronavirus di Covid-19. Quindi è possibile "donare" parte della capacità elaborativa del proprio computer a una buona causa. Un singolo computer sembra poca cosa. Ma attualmente il progetto coinvolge oltre 110 mila processori per una
potenza complessiva di oltre 90 Petaflop. Il che ne fa l'equivalente di uno dei supercomputer più potenti al mondo.
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