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Deloitte: innovazione, Italia terza in UE per investimenti in R&D

Il Bel Paese ha migliorato le sue prestazioni rispetto agli anni precedenti, ma è necessario aumentare il numero di laureati e incrementare gli investimenti in VC e R&D (l’Italia è solo 14° per spesa pro-capite in R&D nella UE a 27).

Autore: Redazione BitCity

Pubblicato il: 04/10/2024

L’Italia è al primo posto in UE per tasso di conversione di domande in brevetti e occupa il terzo posto in UE per investimenti in Ricerca e Sviluppo. Ma sul trasferimento tecnologico fatica ancora e deve fare un salto di qualità per far evolvere il suo modello di Technology Transfer Office (TTO).

Questo uno dei nodi cruciali del nuovo paper di Deloitte e del Politecnico di Milano intitolato “Il ruolo e il funzionamento dei Technology Transfer Offices europei”, presentato oggi al Politecnico di Milano alla presenza di rappresentanti del mondo della ricerca, ma anche delle istituzioni e delle imprese.

Il paper è stato realizzato nell’ambito del progetto MUSA (Multilayered Urban Sustainability Action), l'Ecosistema dell’Innovazione finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

L’Unione Europea continua a essere caratterizzata da frammentazioni e disuguaglianze tra i paesi membri: tale divario è evidenziato da fattori come la spesa in R&D, l’R&D Intensity e le domande di brevetto depositate. Queste dimensioni sono incluse in un indice che la Commissione Europea ha definito per valutare e confrontare l'innovazione nei paesi europei, denominato European Innovation Scoreboard (EIS). Complessivamente, la spesa in R&D mostra l’Unione Europea sull’ultimo gradino del podio globale dietro gli Stati Uniti d’America e la Cina, ma al primo posto sia per numero di brevetti depositati, sia per brevetti concessi, secondo i dati dell’European Patent Office.

L’EIS nel 2023 ha definito l'Italia come «Moderate Innovator» (Francia, Germania e UK sono Strong Innovator e i Paesi Bassi addirittura Innovation Leader). Il Bel Paese ha migliorato le sue prestazioni rispetto agli anni precedenti, ma è necessario aumentare il numero di laureati e incrementare gli investimenti in VC e R&D (l’Italia è solo 14° per spesa pro-capite in R&D nella UE a 27). Caratterizzata da un tessuto produttivo in gran parte costituito da microimprese (95%), l’Italia è in vetta alla classifica europea per tasso di conversione di domande in brevetti e si colloca al terzo posto per investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&D). Oltre al freno del piccolo dimensionamento delle microimprese, inoltre, l’Italia sconta un disomogeneo livello di capacità di innovazione tra regioni e l’incapacità di esprimere Innovation Leader tra le sue regioni, con solo tre regioni (Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia e Provincia autonoma di Trento) Strong Innovator.

Per continuare il cammino di crescita nell’innovazione intrapreso dal nostro paese il ruolo delle accademie, centri di ricerca, IRCCS e dei loro TTO è cruciale, ma ad oggi ci sono ancora delle aree da sviluppare per migliorare la strutturazione di programmi di trasferimento tecnologico. Per far evolvere il modello di trasferimento tecnologico italiano appare necessario adottare delle azioni correttive quali la definizione di una governance che separi in modo chiaro ruoli e responsabilità, l’incentivazione e la formazione del personale, l’adozione di KPI per monitorare progressi e identificare aree di miglioramento e un’attenzione specifica al change management e un’attenta mappatura degli stakeholder, favorendo una collaborazione sinergica tra i diversi promotori dell’innovazione per superare l’attuale frammentazione degli attori e le difficoltà di collaborazione tra accademie, istituzioni e imprese. Appare necessario il passaggio ad una visione sistemica della tematica, potenzialmente anche gestita da un soggetto no-profit costituito ad hoc per la gestione delle attività di terza missione e che favorisca la collaborazione tra gli attori coinvolti nel processo di trasferimento tecnologico per massimizzarne l’efficacia e sfruttare il massimo potenziale delle scoperte scientifiche sia dal punto di vista sociale che da quello economico.



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